1 Il volume è arricchito da alcuni scritti di don Tonino mai pubblicati prima, tra cui spicca un breve ma significativo scambio epistolare olografo tra don Tonino e padre Turoldo [* David Maria Turoldo]: due lettere che sintetizzano bene i due modi di porsi dei personaggi davanti alla guerra e alla stessa Chiesa.
Prefazione, di don Luigi Ciotti
Tonino Bello: non basta ricordarlo, bisogna trasformare il ricordo in memoria feconda, memoria viva. Grazie dunque a Giancarlo Piccinni perché questo libro che raccoglie testi di Tonino e su Tonino, arricchiti da documenti inediti e preziosi, ce lo restituisce più che mai vivo, a venticinque anni dalla morte. Vivo, come sempre sarà una vita totalmente plasmata dal Vangelo, dalla sua sfida etica e teologica. Primo: riconoscere Dio nei poveri, negli esclusi, negli oppressi. Secondo: impegnarsi per la giustizia e la pace di questo mondo. È questo, a ben vedere, lo “scandalo” di don Tonino, quello scandalo che oggi, con papa Francesco, scuote dal vertice l’intera struttura della Chiesa: non possiamo dirci davvero cristiani se, insieme alla fede nel Regno, non c’impegniamo a contrastare le ingiustizie dell’al di qua. Non possiamo dirci davvero cristiani se non ci avventuriamo nell’agitato mare della Storia e, uscendo dai luoghi sacri, consacriamo quelli più deserti, periferici, abbandonati. Non possiamo dirci davvero cristiani se non stiamo dalla parte dei poveri denunciando chi li sfrutta, li umilia, li respinge. «Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo » ha scritto papa Francesco.
«La Chiesa è per il mondo, non per se stessa», ha detto Tonino Bello, con folgorante sintesi. Certo non è stato il solo, né il primo. Altri hanno saldato con forza il Cielo e la Terra. E fa bene Piccinni a legare la figura di Tonino Bello a quelle di David Turoldo e di Ernesto Balducci, per molti, a cominciare da chi scrive, punti di riferimento e precursori di un cambiamento non solo delle liturgie ma del senso stesso dell’essere cristiani. Ma Tonino lo ha fatto a suo modo e nel suo tempo, che è stato, finché la malattia se l’è portato via, anche il nostro. Un tempo forse più complicato di quello vissuto da Turoldo e Balducci, segnato da speranze oggi aggredite da un sistema economico che depreda la vita delle perso- ne e del pianeta, che è una guerra sotto mentite spoglie, la terza guerra mondiale denunciata dal Papa a chi non vuole né vedere né sentire.
Ecco allora che in don Tonino la saldatura di Terra e Cielo si manifesta persino come convergenza, sintesi, continuo travaso tra Parola di Dio e ricerca di verità: «Delle parole dette mi chiederà conto la storia, ma del silenzio con cui ho mancato di difendere i deboli dovrò rendere conto a Dio». Tonino non solo li ha difesi, i poveri, ma li ha accolti, ha condiviso tanta parte delle loro esistenze, senza permettere che il ruolo, le incombenze, i “cerimoniali” facessero da ostacolo. Divenuto da poco vescovo, in una lettera del 31 dicembre 1982 riconosce il problema: «Il nuovo ritmo, la prigionia nel palazzo sontuoso, il nuovo tipo di rapporto con le persone, il formalismo e l’ossequio, il copione e il cerimoniale… mi danno una sofferenza terribile. Cerco di sgattaiolare in tutti i modi, e questo sconcerta non pochi» […]. Ci riuscì davvero, a sgattaiolare, se è vero che l’enorme affetto che continua a essergli rivolto viene soprattutto dai poveri, dalle persone che non ha mai smesso di cercare e di sostenere. Come Bartolo, l’amico senza fissa dimora che incontrava ogni volta che veniva chiamato a Roma; Bartolo che viveva sulla strada e nel cui fragile riparo di cartone Tonino Bello riconosceva «un ostensorio, contenitore di frammenti di santità». Al tempo stesso ha difeso la pace. Ma non in modo retorico o esortativo. Presidente di Pax Christi, don Tonino respingeva quello che chiamava “monoteismo della pace”, affermava che la parola pace acquista senso e consistenza solo se associata alla parola giustizia. Che solo se fondata sul riconoscimento della dignità delle persone è una pace vera, altrimenti è una sembianza di pace, una traballante tregua, un accordo contingente mosso da interessi di altro genere.
Fu proprio questa dignità minacciata il suo maggiore cruccio, e la motivazione che lo spinse a dare al suo ruolo una funzione anche “politica”, attirandosi critiche e attacchi da molte parti: «Di che cosa deve interessarsi un vescovo? Del colore dei paramenti o del numero di ceri da mettere sull’altare?» rispose a chi gli obbiettava che un uomo di Chiesa non avesse titolo per immischiarsi nelle questioni di politica internazionale (erano i tempi della Guerra del Golfo), come se la politica non fosse impegno e promozione del bene comune, «forma alta ed esigente di carità», come ebbe a definirla Paolo VI. Proprio perché Tonino riteneva che questo fosse, soffriva nel vedere la politica ridotta a regolatrice di interessi (con incredibile perspicacia – siamo nel settembre 1992! – intravide lo sviluppo di un’Europa «cassa comune invece che casa comune, Europa più di mercanti che di fratelli») o come cinico strumento di potere: «Amate senza riserve la gente che Dio vi ha affidato: a Lui, prima che al partito, un giorno dovrete rendere conto». Non faceva davvero sconti a nessuno il vescovo di Molfetta, ritenendo il servizio per il bene comune una sorta di apostolato laico, e vedendo nella città terrena, pur nelle sue contraddizioni, la premessa e il viatico della città celeste. Tutto questo emerge e vive nelle pagine di Giancarlo Piccinni, a cui caldamente rimando.
Riservandomi di sottolineare ancora un punto: il rapporto di don Tonino coi giovani, che sosteneva e proteggeva da chi dimostrava nei loro riguardi un interesse di circostanza, celebrandoli come “il nostro futuro” quando lui obbiettava, con un punto di rabbia – quella rabbia che denota amore – che essi sono invece il nostro presente. Soffrirebbe nel vederli oggi privati proprio di quel futuro che avrebbero dovuto incarnare, abbandonati da una politica che, salvo eccezioni, li ha usati, ingannati e delusi. Ma gioirebbe nel sapere come tanti di loro trovino nelle sue parole – parole forti, coerenti, poetiche, profetiche, capaci di attraversare le generazioni – una ragione per impegnarsi per il bene comune, per dedicarsi alle cose grandi e belle che si manifestano oltre il muro dell’io. Tonino Bello continua a essere un prezioso lievito dei loro fragili sogni: «Diventate la coscienza critica del mondo, diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani autentici sovversivi come san Francesco». Così parlava il mio amico Tonino Bello, cristiano autentico sovversivo che ha inciso la crosta dell’indifferenza, dell’egoismo, dell’ingiustizia, lasciando nel cuore e nella mente di molti un luminoso segno di speranza.
Introduzione, di Giancarlo Piccinni
Innanzitutto desidero esprimere un sentimento di gratitudine. Desidero dire grazie a Dio Padre per averci inviato questi giganti, per averci fatto conoscere i loro volti e averci abbagliato con il luccichio dei loro occhi.
Bello, Turoldo [*in aggiornamento*], Balducci sono per me una grazia divina. Perché la grazia di Dio, che noi tante volte invochiamo, più che una forza invisibile assume i contorni di un volto, è fatta di carne, ha insomma dei nomi e cognomi. Volti rivelatori di solidarietà, di passione per l’uomo: sicché il loro primo miracolo è stata proprio la loro umanità originaria. Un’umanità cercata, voluta, fino all’ultimo giorno di vita, perché sempre vissuta come incompiuta. Turoldo ci comunicava il suo sogno: «Sogno che tutti siano uomini». E don Tonino pregava: «Aiutaci Signore, dacci la passione per l’uomo, aiutaci perché anche noi ci facciamo uomini. Noi che ci siamo fatti tutto: ingegneri, avvocati, preti, vescovi. Tutto ci siamo fatti, meno che uomini». Balducci così scriveva: «Noi preti non amiamo dircelo, ma il nostro compito faticoso, appena usciti da periodi di formazione, è spesso quello di ritornare uomini, liberandoci dalla frattura fra la nostra genuinità umana e le forme impresse in noi dall’impegno ascetico a imitare modelli…». E ricordando padre David, Balducci aggiungeva: «Dietro il suo piglio apparentemente aggressivo, c’è stato sempre il continente della tenerezza, quella tenerezza fragile dei sogni, che è il grande patrimonio dei poveri».
Costoro sono stati sempre dalla parte dei poveri, perché ci diceva padre David — Dio è da quella parte. Certo, senza escludere nessuno, con le braccia aperte di Cristo per accogliere tutti, ma sempre da quella parte; che, appunto, anche i potenti e i ricchi possano essere accolti purché si facciano poveri.
Vedere il mondo, leggere la storia del mondo con l’occhio del povero, dall’angolazione dei poveri. Leggere la nostra storia dai sud del mondo, e vivere questa condizione come privilegio, perché è proprio questa condizione di ultimi, questo vivere in periferia, lontano dai luoghi dove batte il cuore dell’economia e del potere, che fa di tutti i Sud del mondo i luoghi più vicini a Dio. Tutto ciò comporta scelte di vita, rinuncia agli orgogli e alle prepotenze individuali e nazionali, rinuncia alle profanazioni sulle cose e cioè, dice padre David, «rinuncia a questo consumismo vergognoso che è la nostra umiliazione. Il Nord è la disperazione del Sud». Ma la libertà si raggiunge solo con la capacità di non cedere al ricatto quotidiano della «ricchezza vampira».
E l’amore per i poveri fu, al tempo stesso, fedeltà alle origini e profezia. Per Turoldo «profezia non è l’annuncio del futuro, ma è la denuncia del presente, nel confronto con la Parola. Sicché è la parola il futuro del mondo e della storia». Un messaggio, dunque, di speranza; quella speranza che Tonino Bello chiedeva a tutti di organizzare. Quella speranza che ha sempre rappresentato per i tre profeti l’orizzonte ultimo sul quale i profeti inevitabilmente si ritrovano. Destare l’aurora, forzare l’aurora a nascere, unica violenza consentita a una umanità nuova! Annunciare la speranza anche quando sembra essere uno scandalo!
Pensiamo allo scandalo della pace. Oggi che l’ateismo è imperante, è addirittura più facile credere in Dio che credere nella pace. Bisogna aver coraggio per credere nella pace, ma — dice Balducci — con il Vangelo in mano nessuno sa il coraggio che ti viene! La pace per don Tonino non può essere un’appendice omiletica. Pace è dono di Dio sciupato, distrutto, rifiutato dall’uomo. Per noi, oggi, il vero scandalo è la pace, non la guerra. Questa, purtroppo, oggi come ieri, continua a essere considerata lo strumento più ovvio per la risoluzione dei conflitti. Indagini varie ci dicono che gli indicatori di rischio per le guerre sono: nelle popolazioni povere la presenza di risorse saccheggiabili; nelle popolazioni ricche l’instabilità politica. Qui la guerra fa da “collante” per le popolazioni, ed è spesso vissuta come evento inevitabile, nonostante infligga pesanti danni economici anche al vincitore. Il suo solo scopo è la conquista o la conservazione del potere. Don Tonino Bello ci ricorda che un potere che si candida a sogni di eternità, sfocia nella follia; e papa Francesco sottolinea che i motivi che spingono la decisione bellica sono la cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione del potere.
Rivolgendosi ai giovani, Francesco recentemente ammoniva che non bisogna aver paura della fede in sé, ma di una fede senza sfide! E noi, sulle spalle di questi giganti, abbiamo potuto scrutare l’orizzonte non sempre rassicurante che stava avanti a noi, e le sfide che i tempi che arrivavano ci avrebbero imposto: la minaccia atomica, la fame nel mondo, il pericolo nichilista, la minaccia cibernetica. Di questo ci parlavano questi profeti, ricordandoci che avremmo dovuto fare i conti con nuove realtà: l’accoglienza, le migrazioni, la crisi di identità dell’Occidente, la nonviolenza, il dialogo tra religioni, la Chiesa in uscita e libera da ogni potere, non solo temporale ma anche spirituale, condizione fondamentale per essere compagna dell’uomo e testimone dello Spirito, per essere strumento di pace e salvezza dell’uomo! E ancora la minaccia del degrado ecologico. E Balducci invocava una nuova forma di vita, pubblica e privata, pena l’estinzione dell’umanità stessa. E, a proposito del concetto di ecologia integrale, riteneva necessaria una svolta etica ed ecologica. Tutto ciò che ha rapporto con la biosfera, anche quando sembra inutile non lo è, anzi, prima o poi lo riscopriamo utilissimo. Tutto ha interesse, inter-esse, tutto è relazionato: ciò si traduce in filosofia con un nuovo concetto secondo cui
la prima categoria dell’essere non è la sostanza ma la relazione. Sicché va corretta anche la prospettiva dell’evoluzio-nismo ortodosso. A determinare l’evoluzione della specie non è tanto la forza bensì la complementarietà di una specie con l’altra. 2
Superare il dualismo tra corpo e anima, materia e spirito, uomo e donna, facendo nostro, ed estendendolo, l’insegnamento evangelico «non separi l’uomo ciò che Dio ha unito», significa annullare quella violenza in germe che abita il nostro cuore, la nostra casa, la nostra città: il tutto all’insegna di un’armonia cosmica con l’uomo, con il creato, con tutto ciò che ci circonda: «Fascino struggente del Sabato Santo, che ti mette nell’anima brividi di solidarietà perfino con le cose, e ti fa chiedere se non abbiano anch’esse un futuro di speranza», leggiamo in “Maria, donna del Sabato Santo” 3
Abbiamo aperto questa riflessione evocando i volti: volti rivelativi di tenerezza, quella tenerezza fragile dei sogni! Sognano i poeti. E noi, per capire i tempi, dobbiamo ascoltare i poeti e lori sogni. Per capire cosa patisce il mondo bisogna interrogare i poeti. Solo così possiamo intuire le ragioni del dolore e i misteri della speranza. Poesia e preghiera: in Turoldo la congiunzione si fa verbo! Ma il tema della preghiera attraversa tutta la vita. Preghiera è vita, è un modo di vivere. Non coincide con le pratiche di pietà. È preghiera non sciupare le cose, è preghiera essere in pace con gli elementi, è preghiera il rapporto con la terra, il rapporto con se stessi e con gli altri: preghiera non è solo chiedere. Neanche la salute fu oggetto di richiesta, quando ormai la malattia prendeva il sopravvento. La preghiera assume nella vita di questi tre nostri amici una dimensione cosmica. È immersione nella vita, nella storia, nell’infinito.
Questa, o anche questa, è stata la loro lezione di vita. Forse noi possiamo farla nostra, se abbiamo presenti sette chiavi di lettura: la Preghiera, i Poveri, la Parresìa, la Politica, la Pace, la Poesia. Infine, ma non ultima, la Parola: il centro della vita dei nostri amici è stata la liturgia, momento supremo di proclamazione della Parola. Infatti, anche se Turoldo, Balducci e Bello vengono ricordati per la loro presenza civile nei luoghi e nelle culture di tutti, la loro vera, prima identità stava nell’assemblea liturgica. È nelle omelie che possiamo trovare il cuore di ciò che hanno voluto trasmetterci.
È lì che anche noi, ogni volta, abbiamo vissuto la gioia dell’Incontro, il fuoco della festa, il brivido dell’Eterno.
INDICE
> DB Codifica assegnata | AS7 |
Prefazione di don Luigi Ciotti, » pg. 7
Introduzione di Giancarlo Piccinni,
Sulle spalle dei giganti: Bello, Turoldo, Balducci » pg. 11
> DB Codifica assegnata | AS7-1 |
DON TONINO BELLO
LETTERE E PAGINE INEDITE » pg. 17
Lettere » pg. 19
> DB Codifica assegnata | AS7-2 |
— Carissimo Padre David, la gioia di saperti onorato dalla mia Tricase… (Molfetta, 31 ottobre 1987) » * 19
— Caro don Tonino, appena due righe. Anche se il desiderio di un colloquio è immenso. (Priorato di S. Egidio, 14 dicembre 1987) » * 20
— Carissimo Fernando… come stai?… (Tricase, 3 dicembre 1982) » * 21
— Mio carissimo Giancarlo, non puoi credere quante volte ho letto la tua lettera… (31 dicembre 1982) » * 22
— Carissimo Giovanni, è la prima volta che esprimo gli auguri… (Molfetta, 7 ottobre 1990) » * 24
Pagine inedite » pg. 35
> DB Codifica assegnata | AS7-3 |
— Per la morte di padre Agostino » * 35
— Folle, ineffabile speranza (1967) » * 36
— Nessuna tua lacrima andrà sprecata (1968) » * 39
SCRITTI SU DON TONINO » pg. 43
> DB Codifica assegnata | AS7-4 |
> Seguirà con… [ e Slug da assegnare ] | AS7-045 | | AS7-049 | AS7-061 | […]
— Non ho mai compreso fino in fondo se fosse più grande il suo cuore o la sua intelligenza » * 45
— Pastore della pace e della gioia » * 49
— Don Tonino Bello e la sua speranza di pace » * 61
— Fu lui ad accompagnarci. Memoria del 20 aprile 1993 » * 65
— Pastore che vide oltre il nostro orizzonte » * 71
— Ascoltare la crescita del grano » * 79
— Don Tonino sfida il tempo » * 83
— Convivialità fraterna » * 87
— Con regale semplicità » * 93
— Grazie fratello vescovo » * 99
— Due pastori una medesima voce: don Tonino e papa Francesco » * 105
— Le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono » * 109
— Con viscere di misericordia » * 113
— Pace è nonviolenza » * 119
— Le giornate della legalità del Salento » * 123
— La politica: arte nobile e difficile » * 127
Postfazione di Marcello Bello » pg. 135
> DB Codifica assegnata | AS7-1 | AS7-135 |
Trascrizione online | A cura della Redazione dontoninobello.info
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* Con Giancarlo Piccinni per don Tonino Bello sentiero di Dio (Intervista, Vatican News)
«Poteste voi vederlo come noi lo vediamo…!»
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don Tonino per David Maria Turoldo
/ * In fase di aggiornamento…
Sistema Informativo & Antologia degli Scritti
- Giancarlo Piccinni, Don Tonino sentiero di Dio. Con inediti dagli scritti e dal carteggio, Edizioni San Paolo 2018, pp. 144.
- V. Mancuso, «Prefazione», in E. Balducci, Francesco d’Assisi, Giunti, 2004, p. 16.
- L’intero testo della preghiera si trova in T. Bello, Maria donna dei nostri giorni, San Paolo, 2014.